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Hitler suicidio o fuga? L’enigma russo

Hitler suicidio o fuga? A distanza di 60 anni non è ancora possibile stabilire con assoluta certezza se Hitler si sia suicidato o sia riuscito a fuggire. Nelle ancora segrete stanze del KGB c’è probabilmente la risposta

Adolf Hitler ultimi giorni

Hitler circondato dai sui fedeli durante le ultime fasi del conflitto.

Col passare degli anni l’interesse sulla scomparsa di Hitler scemò. Negli anni Cinquanta i sovietici
cominciarono a rilasciare i prigionieri di guerra e tra questi anche i sopravvissuti del bunker tenuti segregati nelle prigioni del KGB. Alcuni, una volta liberi e tornati in Germania, accettarono di rilasciare interviste. Il più loquace apparve subito Rochus Misch (guardia del corpo del Führer che descrisse in dettaglio cosa accadde quella notte dopo che Hitler e la moglie si erano ritirati nei loro appartamenti:

Mi trovavo accanto al centralino. Era qualche minuto dopo l’ora del cambio di turno. Qualcuno gridò che l’aveva fatto! Improvvisamente calò un silenzio assoluto. Sapevamo che dovevamo aspettare più di dieci minuti prima di aprire la porta. Non ricordo se fu Heinz Linge (cameriere personale di Hitler n.d.r.) o Otto Günsche (aiutante di campo del Führer n.d.r.) ad aprire la porta dell’anticamera di Hitler. Mi affacciai nel corridoio e diedi un’occhiata. Anche la seconda porta fu aperta. Linge e Günsche avanzavano fianco a fianco. In fondo, in quella stanzetta che chiamavamo il “salone”, vidi il corpo inerte di Hitler. Non entrai. Ero a sei metri di distanza, forse otto. Hitler era seduto sul piccolo canapè, ripiegato su se stesso, vicino al tavolo. Eva era vicino a lui, raggomitolata, il petto quasi le toccava le ginocchia Indossava un abito blu scuro, con delle decorazioni bianche a forma di piccoli fiori”.

Altri testimoni, ora deceduti, descrissero come il corpo di Hitler, avvolto in una coperta, e quello di Eva Braun fossero trasportati fuori nel giardino sopra il bunker. Approfittando di una breve pausa nei combattimenti li cosparsero di benzina e gli diedero fuoco. Prima però che i cadaveri fossero
interamente bruciati la battaglia riprese con rinnovata violenza e gli uomini furono costretti a rifugiarsi precipitosamente nel bunker. Parecchie ore dopo, cessata momentaneamente la pioggia di granate, risalirono in superficie. Il rogo si era spento lasciando sul terreno qualche resto semi carbonizzato. Non c’era più benzina per portare a termine l’incenerimento e poi, dopo la morte del loro capo supremo, ognuno pensava a salvarsi la pelle. Così ciò che restava di Hitler ed Eva fu messo in una cassa e seppellito in tutta fretta nella buca scavata da una granata.

Cosa sapevano i russi sulla fine di Hitler e perché Stalin si ostinò a sostenere la tesi che era fuggito? é un enigma che appassiona tuttora gli storici e ha dato adito a ogni genere di speculazione.
Dalle più fantasiose: Hitler fu catturato dai russi, rinchiuso in una segreta fortezza del KGB e mantenuto in vita, tra efferati tormenti, dal vendicativo dittatore sovietico, alle più plausibili: Stalin temeva che Zukov dimostrando al mondo non solo di avere distrutto l’invincibile macchina di morte nazista e avere conquistato Berlino, ma anche di avere trovato i resti di Hitler, potesse fargli ombra e mettere in discussione la sua immagine di leader comunista planetario.

È possibile anche che i russi abbiano scoperto qualche cosa che non poteva dare la certezza assoluta che Hitler non fosse riuscito a fuggire, neppure dopo il ritrovamento dei resti. Occorre dire che Stalin, sin dalla caduta di Berlino, non credette alla morte di Hitler. Si suppone che Zukov informò immediatamente Stalin di quanto gli aveva riferito il generale Krebs in quella drammatica notte del 1945. Il dittatore però, invece di lasciare al suo migliore generale il compito di indagare, inviò a Berlino una squadra speciale della sua polizia segreta, dotata di pieni poteri, per mettere sotto stretto controllo l’intera area della Cancelleria. Furono questi uomini che il 2 maggio, rovistando tra i cadaveri che ingombravano il giardino, scoprirono nelle vicinanze dell’ingresso del bunker una buca ricoperta di fresco. Scavarono e dopo poche palate venne alla luce una cassa contenente resti umani semi carbonizzati. Tutti i sopravvissuti catturati del bunker furono consegnati alla squadra della polizia segreta che li sottopose a pressanti interrogatori scoprendo quanto il resto del mondo apprese solo negli anni Cinquanta. Tuttavia Stalin non si accontentò delle testimonianze, voleva prove certe della morte del suo peggior nemico.

Tra i resti gli agenti sovietici trovarono parte di una mandibola umana con ancora i denti che presentavano ponti e vistose otturazioni. I medici stabilirono che era di un uomo non più giovane. Quella poteva essere la prova che andavano cercando, ma per essere certi che i denti fossero di Hitler occorreva quantomeno confrontarli con la cartella clinica del dentista che aveva fatto l’intervento. I russi non avevano però la minima idea di chi fosse il dentista di Hitler. Il personale più vicino al Führer non lo sapeva o non lo voleva dire. Iniziò così una febbrile ricerca in tutti gli studi dentistici berlinesi. Per puro caso gli agenti sovietici interrogarono una giovane assistente che, intimorita, dichiarò di avere prestato la sua opera presso il dentista, scomparso, che aveva curato Hitler. La ragazza, per dimostrare la sua buona volontà, disegnò a memoria lo schema della dentatura. Combaciava, a quanto pare i resti semi carbonizzati appartenevano ad Adolf Hitler.

Tutto questo i russi lo rivelarono soltanto alla fine degli anni Sessanta quando la pesante Cortina di Ferro che avvolgeva il mondo comunista cominciò a dischiudersi. Non fornirono tuttavia alcuna indicazione su che fine avessero fatto i resti, limitandosi ad affermare che erano stati distrutti. Tanto bastò perché il suicidio di Hitler fosse avvalorato dalla storiografia ufficiale.

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